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giovedì 26 gennaio 2017

Campi Flegrei 2017: controllare il super vulcano... di MalKo



Pozzuoli. Solfatara. Le nuove fumarole di Pisciarelli. Foto: Carmine Minopoli 

I Campi Flegrei sono una vasta caldera vulcanica che caratterizza i territori ubicati nella parte occidentale della metropoli napoletana. Circoscrizioni popolose come Fuorigrotta, Bagnoli, Soccavo e Pianura, così come i territori di altre municipalità quali Pozzuoli, Monte di Procida, Bacoli e Quarto, comportano l’esposizione di oltre mezzo milione di persone al rischio vulcanico a causa della totale promiscuità con il quiescente super vulcano flegreo…
Il vulcano flegreo da un po’ di anni dà segnali geofisici e geochimici di una crescente vivacità geologica ancora tutta da decifrare. L’alito rovente del vulcano comunque si percepisce… La zona calderica in un certo qual senso ribolle, con emissioni notevoli di anidride carbonica che si diffondono nell’area della Solfatara, così come le temperature delle manifestazioni idrotermali che in alcuni punti pare siano significativamente aumentate.
Qualche evento sismico a sciami, altri isolati, e il bradisismo che ha ripreso seppur lentamente a deformare il fondo calderico, sono tutti sintomi che lasciano aperta anche l’ipotesi dell’ingressione di magma fino a pochi chilometri dalla superficie. Tutti questi elementi che sono l’ordinario per un distretto vulcanico attivo, hanno destato non poca apprensione in chi istituzionalmente è preposto alla sorveglianza del vulcano flegreo.
Il Dott. Giovanni Chiodini è un dirigente di ricerca dell’INGV, e per molto tempo ha monitorato la geochimica dei fluidi del super vulcano flegreo, evidenziando e pubblicando anche recentemente su Nature Communications, i risultati di alcune interessantissime ricerche.
Dott. Chiodini, un magma cosa trascina e rilascia raggiungendo la superficie?
I magmi muovendosi verso la superficie si depressurizzano e rilasciano le sostanze volatili, quali acqua e anidride carbonica, originariamente disciolte nel prodotto fuso.
Dalla qualità e quantità delle emissioni rilevabili in superficie, è possibile capire se il magma in profondità è acido o basico?
Non è semplice, perché le emissioni che si colgono in superficie, spesso non sono totalmente rappresentative della qualità del magma sottostante, le cui emanazioni gassose possono essere soggette a contaminazione trapelando tra rocce e acquiferi. Questi ultimi ricevendo calore, possono bollire anche con una certa intensità producendo vapori che si mescolano ai fluidi gassosi in ascesa dal sottosuolo, per poi sfociare in superficie a volte anche con una certa dirompenza.
Nonostante queste difficoltà, nel caso delle fumarole della Solfatara un tentativo di riconoscere il tipo di magma dai vapori che raggiungono la superficie è stato fatto un paio di anni fa. I risultati sono stati pubblicati nella rivista di riferimento per la comunità internazionale dei geochimici (Geochimica et Cosmochimica Acta), e indicano che parte dei gas che formano le fumarole della Solfatara potrebbero essere emessi da un magma di tipo basico.
Nei Campi Flegrei, pare accertato la presenza di intrusioni magmatiche fino a tre chilometri dalla superficie. E’ così?
Non proprio: la vulcanologia purtroppo non è una scienza esatta e spesso gli stessi dati vengono interpretati in modo differente dai vari ricercatori che li studiano. Nel caso dei Campi Flegrei, molti degli episodi di deformazione sono stati intesi come dovuti a processi d’aumento di pressione del sistema idrotermale che si trova sopra una non meglio localizzata camera magmatica. Fa eccezione la crisi bradisismica del 1983/1984 che è stata interpretata da più autori come dovuta all’arrivo di magma a profondità relativamente basse (3-4 km). Più recentemente si è pensato al coinvolgimento diretto del magma in un altro episodio di deformazione intensa, quello registrato nel 2012/2013. Penso però, e nel merito ho pubblicato anche diversi lavori, che comunque c’è coinvolgimento di gas magmatici, e quindi a una qualche profondità non iper chilometrica c’è magma.

Questi gas magmatici risalendo verso la superficie pressurizzano il sistema idrotermale e in parte causano la deformazione del terreno quale manifestazione poi rilevabile in superficie. Quello che ipotizziamo nel lavoro su Nature Communications, è che i gas emessi dal magma si stanno arricchendo nel tempo in vapore acqueo. Il vapore condensando al contatto con le rocce rilascia calore e le scalda. Questo processo a sua volta causa una deformazione perché, ad esempio, le rocce in profondità aumentano di volume per espansione termica. L’aumento di volume di una parte delle rocce causa a sua volta uno stress nelle rocce circostanti che possono fratturarsi generando un po’ di quei “micro” terremoti che recentemente avvengono in modo più frequente rispetto agli anni precedenti (ad eccezione ovviamente della crisi bradisismica del 1983-84).
Stefano Caliro e Giovanni Chiodini - Bocca Grande - Solfatara

Il fratturarsi delle rocce causa a sua volta un aumento della loro permeabilità favorendo quindi un’ulteriore risalita dei fluidi dal profondo. Tali processi, legati allo scambio termico, avvengono in tempi più lunghi di quelli ad esempio legati ad una eventuale intrusione di magma o al semplice aumento di pressione del sistema idrotermale. E i tempi lunghi stanno caratterizzando l’attuale deformazione dei Campi Flegrei: a tal proposito voglio ricordare che il processo è iniziato più di 10 anni fa.
Secondo alcuni autori, ci sono state recentemente intrusioni di magma nel sottosuolo dei Flegrei ed io non ho elementi esaustivi per confermare o smentire attraverso l’analisi geochimica queste conclusioni. I miei studi indicano comunque, che ci sono gas magmatici in abbondanza, e che la loro risalita sta scaldando il sottosuolo dell’area flegrea…
Nel corso degli anni, anche rispetto agli archivi storici, le emissioni di anidride carbonica nell’area flegrea come sono cambiate in termini quantitativi?
Dagli archivi storici purtroppo non abbiamo nessuna informazione quantitativa, perché le tecniche per misurare i flussi di CO2 rilasciata dal suolo sono state messe a punto solo recentemente (alla fine degli anni ’90). Dal 1998 ad ora, in collaborazione con colleghi dell’Università di Perugia, abbiamo fatto una trentina di campagne di misura che includono il cratere della Solfatara e le zone circostanti (Pisciarelli ecc.).
Una prima elaborazione dei dati acquisiti fino al 2008 è stata pubblicata nel 2011 sulla rivista Journal of Geophysical Research. Lo studio mostrava che l’area vulcanica che emette CO2 si è espansa (in pratica era raddoppiata in pochi anni), a partire dal 2003: ora stiamo lavorando per aggiornare quelle elaborazioni. Le posso anticipare che il processo di espansione è continuato anche dopo il 2008, e che i flussi totali di CO2 emessa dai suoli dell’area indagata (circa 1.4 km2), sono approssimativamente raddoppiati dal 2003 ad oggi. Si parla di quantità notevoli di gas, dell’ordine di 2000 tonnellate al giorno: in altri vulcani flussi simili caratterizzano crateri attivi, mentre ai Campi Flegrei vengono emessi in modo diffuso da un'area superficiale molto estesa.
Nella zona di Oliveto Citra (Salerno), da alcuni pertugi nel terreno fuoriesce anidride carbonica e idrogeno solforato probabilmente all’origine di una moria di animali di taglia bassa. La zona di Pisciarelli potrebbe alla stregua essere pericolosa? 
Ho studiato in dettaglio questo tipo di emissioni di CO2 fredda (l’H2S compresa), e qualche anno fa abbiamo pubblicato un catalogo online di quelle presenti nel territorio italiano (http://googas.ov.ingv.it/). In Italia ce ne sono qualche centinaio, e gli incidenti purtroppo spesso interessano anche le persone e non solo gli animali.
Oliveto Citra (Salerno). Emanazioni gassose dal sottosuolo. Foto MalKo
Una delle emissioni più famose che nel tempo ha causato numerosi incidenti mortali, è quella delle Mefite d’Ansanto, in Irpinia. Il problema con queste emissioni fredde è che l'anidride carbonica è più densa dell’aria e tende ad accumularsi nelle depressioni topografiche formando, in condizioni di assenza di vento, fiumi e laghi di gas invisibili, che diventano a volte delle vere trappole mortali. Dove le emissioni sono calde, come alle fumarole della Solfatara e di Pisciarelli, il gas è più leggero dell’aria e si disperde con maggiore facilità senza formare accumuli pericolosi. Problemi potrebbero esserci nelle zone periferiche flegree dove il gas esce magari da suoli freddi.
I laghi vulcanici flegrei potrebbero essere all’origine di un’eruzione di tipo limnico?
Al lago Averno episodicamente succede una sorta di mini eruzione limnica con prodotti gassosi che si liberano dal fondo e rimangono confinati all’interno delle acque lacuali per poi disperdersi lentamente in superficie. Il dato visibile del fenomeno è la diffusa moria di pesci com’è successo nei primi dieci giorni di gennaio di quest’anno.
Sull’argomento avemmo a scrivere già nel 2008. In pratica il lago normalmente presenta delle stratificazioni dettate da acque più ricche in sali e in gas, fra cui l'idrogeno solforato concentrato negli strati più profondi. Nella parte superiore invece, ristagnano acque normali, meno saline e con una sufficiente concentrazione di ossigeno dove i pesci possono vivere. Quando la temperatura esterna diventa molto bassa, le acque superficiali diventano più dense (l'acqua ha il massimo di densità a 4°C), quindi più pesanti delle sottostanti e invivibili acque saline ricche in idrogeno solforato e senza ossigeno. Questa differenza di densità genera l’inversione di posizione delle masse d’acqua stratificate, e quindi la moria di pesci nei primi dieci metri di profondità è un fatto ineluttabile.  Possiamo concludere che a parità di condizioni, il processo d’inversione di posizione delle masse d’acqua lacuali, sono il frutto delle variazioni climatiche prima ancora che di quelle vulcaniche.
La più catastrofica eruzione limnica si verificò nel 1986 in Camerun, quando nel 1986 dal lago Nyos si sprigionò una nube di CO2 che uccise 1800 persone che abitavano nelle valli adiacenti. Anche in quel caso il processo fu innescato dalla risalita in superficie delle acque profonde molto ricche in CO2. Fortunatamente il lago Averno è poco profondo e non ci possono essere accumuli rilevanti di gas. Purtuttavia come abbiamo chiarito precedentemente, nel nostro caso il processo causa la morte dei pesci ma non la fuoriuscita di quantità pericolose di gas dalle sponde del lago.
Solo nella zona di Pisciarelli si nota un incremento di CO2? Se sì questo significa che il vulcano Solfatara potrebbe essere il punto superficiale d’ascesa di una vena magmatica?
L’incremento nei flussi di CO2 interessa tutta la zona che indaghiamo (Solfatara e Pisciarelli inclusi). Nelle zone orientali del cono della Solfatara (Pisciarelli, via Scarfoglio) gli incrementi sono stati più elevati. Questo non significa necessariamente che ci sia del magma sotto la Solfatara e Pisciarelli. Le emissioni della Solfatara nel loro complesso potrebbero essere immaginate come quelle di un camino dove vengono convogliati i gas presenti in una porzione più grande del sottosuolo, che noi chiamiamo il sistema idrotermale della Solfatara.
Generalmente nel campo degli incendi le forti temperature indeboliscono talmente le strutture metalliche e lo stesso calcestruzzo al punto che si piegano travi e pilastri e con essi cedono strutturalmente interi palazzi. Ci sembra di capire che un fenomeno simile di perdita di resistenza statica dovuto all’ascesa del magma e al calore che esso diffonde tramite i fluidi caldi, indeboliscano particolarmente la struttura crostale superficiale al punto da consentire al magma di vincere le resistenze ed eruttare.  E’ così? 
Questo potrebbe essere il pericolo della crisi attuale dei Flegrei.
Il magma flegreo genera intrusioni perché è particolarmente ricco di fluidi o, viceversa, le intrusioni sono frutto di una particolare e labile e iper fratturata struttura crostale?
Tutti i magmi tendono ad introdursi nella crosta terrestre, anche quelli meno ricchi di fluidi rispetto ai magmi Flegrei. Sicuramente la presenza di fratture e discontinuità preesistenti facilita il processo d’intrusione magmatica.
Ci sembra altresì di capire che le intrusioni magmatiche fermano la loro ascesa in superficie quando diventano troppo dense per la perdita di gas e vapori. Quindi sono di modestissime proporzioni?
I volumi coinvolti non sono conosciuti (come le dicevo sopra, non c’è nemmeno accordo sulla presenza di intrusioni superficiali recenti…). In ogni caso gli indizi fanno pensare eventualmente a intrusioni “piccole”, anche considerando che le eruzioni flegree degli ultimi 10 mila anni sono state in genere di modesta taglia…
Il bradisismo puteolano ha origini diverse legato al calore di fondo o ha strette correlazioni con le intrusioni magmatiche?
Le ripeto che su questo punto c’è dibattito scientifico. Secondo il mio parere, le cause sono differenti e probabilmente comprendono anche piccole intrusioni magmatiche. Penso tuttavia che la pressurizzazione del sistema idrotermale e il suo riscaldamento ad opera di gas magmatici, abbiano attualmente un ruolo importante.
Allo stato dei fatti i Campi Flegrei sono il distretto vulcanico da temere maggiormente?
Posso esprimere solo la mia opinione: penso di sì.
Esistono studi simili a quelli da Lei condotti nel flegreo anche per il Vesuvio e Ischia?
Il nostro gruppo ha pubblicato nel passato lavori sui sistemi idrotermali di Ischia e del Vesuvio, ma senza riferimenti ai risultati e metodologie utilizzate nel lavoro recentemente pubblicato su Nature Communications, perché questi sono per molti aspetti nuovi. Mi auguro che i risultati ottenuti possano servire in futuro per meglio interpretare i segnali di altri vulcani quiescenti (non solo Ischia e il Vesuvio ma in generale di tutti quei sistemi dove queste nuove metodologie sono applicabili). Il nostro obiettivo finale è quello di capire meglio i processi che controllano la dinamica dei vulcani dormienti, in modo da poterne prevedere l’evoluzione futura …
Il confronto internazionale è importante per la previsione del rischio vulcanico?
Come le accennavo in precedenza, la vulcanologia non è una scienza esatta. Il confronto internazionale fra differenti ricercatori è fondamentale per progredire e per meglio interpretare le fasi potenzialmente pre-eruttive dei vulcani.
Ringraziamo il Dott. Giovanni Chiodini, dirigente di ricerca dell’INGV, per l’interessante intervista che ci ha rilasciato,  che ha il pregio della chiarezza e dell’attualità sulla ricerca geochimica legata ai vulcani.
Il nostro punto di vista conclusivo è certamente orientato sulla necessità di dare spazio e risorse alla ricerca scientifica che si occupa anche di vulcani, perché il meridione della nostra stupenda Penisola è costellato da terre vulcaniche che si caratterizzano per un’antropizzazione senza precedenti.
La recente emergenza che ha segnato in terra d’Abruzzo una sovrapposizione di eventi tragici, dal terremoto alle inclemenze meteorologiche, ha visto un territorio impreparato ad affrontare le calamità così come la resilienza dei cittadini che decade rapidamente con la perdita delle utilità quotidiane e la tecnologia.
Questo significa che l’uomo è più fragile rispetto al passato, anche se vive più a lungo e più comodamente, ma troppo spesso è distratto e sottovaluta gli eventi estremi che noi chiamiamo catastrofi, mentre da un punto di vista planetario non sono altro che fattori certamente energetici ma di assoluta normalità per un Pianeta in perenne evoluzione.
Per quanto riguarda i Campi Flegrei, l’area è soggetta al primo livello di attenzione vulcanica. I processi geofisici e geochimici seppur lentamente incalzano, e questo recente studio del Dott. Chiodini sembra rilevare crepe nella resistenza della cappa crostale flegrea. Ciò induce a ritenere che non si può escludere che l’aggiunta di qualche altro piccolo tassello fornisca elementi di preoccupazione sufficienti a consigliare il passaggio alla fase di preallarme vulcanico.
i livelli di allerta vulcanica
Una variazione che può essere sancita solo dal capo del governo, sentito il Presidente della Regione Campania, il Capo Dipartimento Protezione Civile, la Commissione Grandi Rischi - Sezione Rischio Vulcanico e l’Osservatorio Vesuviano quale centro di competenza per il rischio vulcanico.
Il passaggio al livello di allerta vulcanica tarata sul preallarme comporterebbe l’evacuazione preventiva di ospedali e case di cura e la possibilità per i cittadini che hanno autonoma sistemazione di allontanarsi dai Campi Flegrei.
E’ ovvio che i territori se non si sono organizzati con piani di evacuazione e con istruzioni dettagliate racchiuse in un vademecum da rilasciare ad ogni famiglia dei Campi Flegrei, il disorientamento potrebbe innescare reazioni di popolo incontrollate. Premere il bottone arancione, per molti versi, è più difficile a pigiare di quello rosso…






1 commento:

  1. Grazie Signor Malko!
    Per questo è un ottimo articolo di giornale sulla CampiFlegrei, Signora R.Kerner,
    Donna Prof.L.Pappalardo detto anche importante.
    Nel complesso, è per me un articolo che mostra molti aspetti della situazione:
    http://www.berliner-zeitung.de/panorama/pozzuoli-in-italien-erwacht-ein-supervulkan--25954788

    "Hans-Hermann Uffrecht" o "Vesuvio Dove Andiamo" o "Vesumboli"
    P.S.Chiedo scusa per la cattiva traduzione! Grazie!

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