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domenica 21 dicembre 2014

Il Vulcano Marsili e il deepwater drilling.



“Il vulcano sottomarino Marsili e il deepwater drilling” di MalKo

Il Marsili è un seamount vulcanico dalle mastodontiche dimensioni che riposa disteso sui fondali tirrenici meridionali, ad alcune migliaia di metri di profondità e a circa 45 miglia a Nord Ovest delle isole Eolie. Il dorso del vulcano si spinge verso l’alto mantenendosi comunque al di sotto del livello del mare a una profondità di circa cinquecento metri. Bastava veramente poco per svettare in superficie come i suoi confratelli Eoliani… Il Marsili è il più grande vulcano mediterraneo ed europeo. Fino a non molto tempo fa lo si considerava estinto, ma alcune recenti campionature hanno consentito di individuare prodotti eruttivi databili al di sotto dei 5000 anni di età.
La sismicità che si denota in quest’area tirrenica e il rilascio di gas magmatici congiuntamente all’osservazione della buona conservazione di alcuni coni vulcanici sommitali, lasciano ritenere il Marsili ancora attivo, anche se non è chiaro lo stato di pericolosità… Molto probabilmente occorreranno nuove prospezioni profonde per capire meglio di quanta vitalità intrinseca goda, ma dubitiamo che si focalizzeranno certezze, visto che neanche per i vulcani emersi come il Vesuvio è possibile sbilanciarsi con la previsione del fenomeno eruttivo che rimane tutt’oggi un’incognita geologica…
I dati fin qui raccolti sul possente apparato sommerso lasciano intendere un’attività eruttiva passata prevalentemente di taglio effusivo e forse modicamente esplosiva. Risulta quindi particolarmente importante continuare le campagne esplorative dei fondali marini tirrenici, onde reperire altri dati geochimici e geofisici capaci di chiarire con qualche certezza in più non solo lo stato attuale del Marsili, ma anche quello degli altri vulcani meno noti che pure costellano e per largo raggio la piana abissale.

Le acque calde con temperature oscillanti fra i 300° e i 500° C. che circolano con una forte pressione e come linfa vitale nella parte medio alta del Marsili dando origine pure a qualche geyser, hanno catturato l’attenzione della Eurobuilding spa che intende sfruttare i caldissimi acquiferi per la produzione di energia elettrica attraverso uno o più impianti   galleggianti posizionati sulla verticale del vulcano. Un progetto sicuramente originale e futuristico che dovrà superare perplessità inerenti l’impatto ambientale.

Uno studio preliminare forse in corso di attuazione o da attuarsi (filtrano poche notizie), si prefigge innanzitutto di “fissare” i parametri geofisici e geochimici del Marsili e delle acque che lo circondano e dell’aria che lo sovrasta in superficie prima di procedere con la perforazione. Tutti dati che serviranno a fornire elementi di base utili per le comparazioni future a proposito della salvaguardia dell’ambiente che le attività geotermiche nel loro complesso potrebbero minare.  Nelle note introduttive la Eurobuilding chiarisce che l’area oggetto della perforazione e quindi dello sfruttamento geotermico non ha vincoli particolari di tutela biologica o archeologica o di ripopolamento ittico, e che la costa più vicina è rappresentata appunto dalle isole Eolie che distano circa 80 chilometri dalla nave che effettuerà il pozzo esplorativo.
I metodi di screening iniziali sono stati ritenuti non invasivi e senza effetti collaterali sull’ambiente, tanto che lo stesso Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha deciso di non applicare le disposizioni sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), almeno in questa fase.

Il progetto della Eurobuilding contiene elementi particolarmente avveniristici e affascinanti. Produrre energia direttamente sulla verticale di un gigantesco vulcano sommerso richiede tecnologia e un forte spirito imprenditoriale. I costi ovviamente sono elevati come le incognite che sono di gran lunga superiori a un impianto di pari tipo ma terrestre. I fluidi caldi idrotermali infatti, contrariamente a quanto si pensi, non sono totalmente innocui perché in genere contengono sostanze molto pericolose come l’arsenico e i metalli pesanti che certo non sono un toccasana per la salute. Infatti, la captazione di queste acque richiede attenzione. In un sistema aperto il pompaggio delle acque prelevate e deriscaldate dall’uso geotermico e poi condensate e immesse direttamente nella sorgente di prelevamento dovrebbe garantire in buona parte il contenimento degli inquinanti.
Nello studio preliminare relativo alle operazioni di screening, è stato dato molto spazio alla caratterizzazione dei campioni d’acqua e dei suoli intorno al sito di perforazione. Si è largheggiato anche sull’inquinamento acustico che potrebbe danneggiare gli organi sensoriali dei cetacei, stabilendo poi una soglia limite per la possibile intrusione in superficie dell’idrogeno solforato. Quello che manca però, è la disamina dei rischi correlati direttamente alla perforazione del vulcano attivo. Da questo punto di vista l’argomento non è nuovissimo, perché è stato già oggetto di accesi dibattiti legati a un’altra nota perforazione: quella del super vulcano flegreo nell’ambito del Campi Flegrei deep drilling project (CFDDP). Una iniziativa scientifica da più parti ritenuta un azzardo. Lo scalpello rotante in questo caso si è fermato a 500 metri di profondità, con una battuta di arresto che perdura da due anni senza nessun segnale di ripresa dell’attività di scavo. Sorge forte il dubbio allora, che il deepwater abbia una corsia preferenziale per la sua posizione in alto mare. Mancando la popolazione infatti, manca il rischio…ma solo apparentemente. Se le attività di perforazione direttamente o indirettamente dovessero attivare seppur remotamente una frana, gli effetti di un’onda di maremoto si ripercuoterebbero sulla costa e non sul sito di perforazione. Il riversamento in mare degli inquinanti idrotermali produrrebbe invece effetti deleteri in ragione delle quantità e delle concentrazioni disperse…
Nel comitato scientifico della Eurobuilding ci sono scienziati dell’INGV che possono sicuramente argomentare meglio l’innocuità della trivellazione, ovvero i rischi che essa può determinare nell’equilibrio di una struttura litica, dai fianchi acclivi e flaccidi, di differente coesione e a strati e internamente dinamica. Argomentazioni che avrebbero dovuto arricchire lo studio preliminare ambientale relativo alla perforazione del pozzo esplorativo offshore chiamato Marsili 1.
Probabilmente la perforazione del vulcano Marsili ci offre lo spunto per una riflessione più grande che bisognerà fare, meglio prima che dopo, sulle trivellazioni, a prescindere se inseguono petrolio e gas e fluidi caldi. Gli studi a tema sono oggi alquanto controversi… Come dobbiamo inquadrare questa pratica poco gradita alle popolazioni che vogliono al bando le trivelle (il sud della Sicilia ne sarà invaso), come un’occasione di sviluppo in più o come un azzardo?

Abbiamo provato a battere a varie porte istituzionali e politiche per introdurre l’argomento e avere delle risposte, ma senza alcun successo. Se la scelta di trivellare il Marsili non è discutibile perché trattasi  di una irrinunciabile risorsa strategica nazionale, vorremmo che si chiariscano meglio questi aspetti in modo che l’esposizione a un rischio sia consapevolmente accettato dai cittadini, così  che abbiano libertà di decisione a proposito della dipendenza energetica dall’estero. Per il nucleare fu fatto un referendum...Un tema come si vede a forte valenza politica e scientifica, che vorremmo avere certezze sia immune da quel bubbone appena scoperto da mafia capitale. 

1 commento:

  1. Con determina del Ministero dell'Ambiente datata 15 maggio 2015 il progetto Marsili è stato dichiarato necessariamente suscettibile a Valutazione di Impatto Ambientale.

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malkohydepark@gmail.com